Impera oggi il dibattito su quale modello sociale a livello familiare e di affettività emotiva bisogna impartire ai giovani a seguito della efferata uccisione, da parte dell’ex fidanzato, di Giulia Cecchettin in Veneto.

In questa breve analisi preferisco concentrarmi sulla dinamica mediatica che ne è seguita più che sul fatto in sé, e sulle considerazioni sociali che ne sono scaturite da parte di una importante fetta dell’opinione pubblica nazionale che considera se stessa parte dell’area “progressista”.

Aldous Huxley parlava de “il mondo nuovo”, un libro che invito a leggere, ove tutti gli aspetti della vita sociale, compresa l’emotività e l’amore, erano predeterminati dalla nascita da un apposito ordinamento di Stato.

Huxley per la sua opera, inquietante, scritta attorno agli anni trenta del Novecento, si ispirava all’Urss, ma l’Urss aveva sì in sé certi problemi dirigistici ma anche i pregi di una impostazione economica che tutelava l’essere umano, e soprattutto la tecnologia di ieri non era quella di oggi, anche a livello di comunicazione.

Oggi è il progressismo liberal, in una visione autocritica e marxista del fu socialismo reale, l’erede della nostra parte peggiore, la parte più opprimente della nostra storia comunista, progressismo però svuotato degli ideali socialisti e marxisti e ripieno al loro posto di retorica individualista borghese.

Questo “progressismo” pare stia divenendo il fautore di un “mondo nuovo totalizzante” che si contrappone a una destra becera e disumanizzante per altri motivi, alla vecchia pulsione retorica del “dio patria e famiglia”.

E questa dualità obbligata tra destra forcaiola e progressismo fluido totalitario che sta stritolando il buonsenso, una vera visione socialista, l’uguaglianza come opportunità e libera conquista e non come espiazione e senso di colpa, modello peraltro ereditato dal cattolicesimo.
Il modello sociale americano, dove o sei per schemi arcaici o devi sposare in toto la fluidità neocapitalistica, è alle porte.

L’attacco coordinato e ben impostato dai principali mezzi di comunicazione a ogni aspetto del genere maschile, senza la benché minima considerazione di sistema multiforme delle problematiche della violenza, in una situazione dove esistono fragilità e devianze derivate da nuove solitudini, dimostra in realtà come non c’è oggi un sistema di affettività che possa inglobare le fragilità o le problematiche dei singoli. Una volta si viveva meno liberi e con meno angoscia, oggi l’angoscia impera nelle nostre vite, come già affermava il buon Kierkegaard.

Perché vi è solitudine? Il sistema patriarcale storico, in occidente, non esiste più: al suo posto esistono i suoi residui e i “figli abbandonati”, e quindi più pericolosi, ai quali si pretende di dare una risposta, dalle nostre parti politiche, con una “collettivizzazione della responsabilità storica di genere”, su modello Norimberga e Europa post bellica.

Lo Stato, o meglio la parte politica “progressista” di esso, vorrà impartire la nuova educazione all’affettività per legge e dall’alto (tema al quale la destra forcaiola non ha nemmeno elementi per rispondere) ma è proprio questa la soluzione? Varie espressioni di violenza verbale e il vedere come certi segmenti di “tardo femminismo” oggi si rapportano a questo dibattito la dice lunga sull’approccio al fenomeno e sulla mancanza di riflessione, e anche di responsabilità, su un tema così complesso.

Bisogna anche considerare che la “società” è un patto, con diritti e doveri, per raggiungere degli obiettivi, tra i quali, come minimo, vi è il suo mantenimento e quindi la creazione di nuove generazioni, attraverso delle comunità che sono le “famiglie”, comunque le si voglia intendere. E bisogna anche ricordarsi che siamo circondati da un mondo che questi discorsi li interpreta ai limiti di un linguaggio marziano (o venusiano se preferite).

Che sia necessario un sistema più equo, paritario, umano, che riporti affettività nelle nostre vite, in maniera libera indipendentemente dal genere, è indubbio. Bisogna superare le rovine di una società legata agli “arcati” (dal greco “arkos”, comando), tutti gli “arcati” (di padri e di madri) che impostava specifici vincoli di potere tra le persone sia fuori che dentro le famiglie.

Che le risposte speculative di questi giorni, con il loro portato di scontro violento, vendicativo e scandalistico, oltre che di imposizione autoritativa sulla sfera emotiva e privata, siano le soluzioni, francamente invece è per me molto, molto dubbio.